giovedì 24 febbraio 2011

TRE VIAGGI DEL PAZ

Secondo: dove si scopre che aveva più di una mania ed era un po’ petulante

Andrea era uno che quando attaccava a parlare non la smetteva più. Ed era così entusiasta che ti sembrava brutto mandarlo a quel paese.

Scena: aeroporto di Bologna, dicembre 1984, pronti all’imbarco per il viaggio di presentazione di un libro collettivo a Parigi, al Bains Douche. Andrea è con la sua fidanzata, gli altri da soli.

Ti guarda mentre saluti la tua prima del check in e dice: “È la tua ragazza?”

“Sì.”

“State insieme da molto?”

“Sì…”

“Ah, carina. Molto carina. Mi piace.”

“Anche a me.”

“È di Bologna?”

“No…”

“Andrea, ma la vuoi smettere?” la sua fidanzata lo strattona leggermente per un gomito. “Lascialo in pace! Perché ti devi fare sempre gli affari degli altri?”

Al momento dell’imbarco nota il tuo nervosismo. Tu sudi, lui si avvicina. “C’è qualcosa che non va?”

“No, niente.”

“Hai paura di volare?”

“Più che altro è la prima volta. Avrei preferito andare in treno.”

Allora Andrea Zazà Pazienza alza la voce indicandoti in mezzo al gate con l’indice della mano destra che ti pende sulla testa come un punto esclamativo: “Ragazzi, lo sapete che è la prima volta che sale su un aereo?”

“Sì.” Ma adesso lo sanno anche tutti i passeggeri, forse anche l’equipaggio che sta sfilando con i trolley.

Al decollo stai con gli occhi chiusi, le mani in grembo. Hai il posto vicino al finestrino, lui è due sedili più in là. Continui a sudare. Lui si agita, viene a vedere. “Ma com’è che non guardi fuori?” Si sporge verso l’oblò come se volesse infilarci dentro la testa.

Il tuo stomaco si fa una passeggiata. “Soffro di vertigini. Molto.”

Ad Andrea si perdonava tutto, perché in fondo a se stesso era sempre un ingenuo ragazzino di San Severo di Puglia, viziato e dispettoso come solo un bambino del sud Italia sa esserlo.

All’atterraggio applaude e cerca l’appoggio comune. La sua fidanzata lo guarda come se avesse pestato una merda e lo prega di starsene calmo.

Il giorno a Parigi passa da un appuntamento all’altro, con editori e autori. Fino alla cena prima della presentazione del giorno seguente, in un ristorante svedese con Tanino Liberatore. Andrea e fidanzata sono sul tuo stesso taxi. Lui ha appena scoperto che hai fatto judo per anni e nel tuo curriculum c’è qualche gara vinta e anche un campionato. Ti sei esposto per non lasciarti travolgere dalla sua parlantina sciolta, per interromperlo sperando che la sorpresa gli impedisca di continuare a blaterare. Troppo poco e tema sbagliato. “Ma non ti ho mai detto che faccio kendo?” Argomento che per fortuna si esaurisce in fretta, nell’ingorgato traffico parigino. E non ti ricorderai mai come si sia arrivati al seguente. Forse ti ha chiesto come mai disegni così bene gli aerei della Seconda guerra mondiale nei tuoi fumetti (sottointendendo che per il resto sei un dilettante…). Tu, come un pollo, gli hai rivelato che sei un modellista e che collezioni soprattutto riproduzioni di aerei delle forze dell’Asse e della RAF. “Anch’io sono appassionato di aerei della Seconda guerra mondiale!” esplode Andrea con un sorriso. E, cercando di dimostrare la sua supremazia, comincia a parlare delle forze aeree americane, porta il discorso là dove crede di saperne più di te. Comincia con i caccia: il Curtiss P-36, il Grumman F4F Wildcat, il Bell P-39Q Aircobra, il Lockheed P-38 Lightning, il Voughy F4U Corsair e il North American P-51 Mustang. Ma vede che non riesce ad acquisire alcuna supremazia, viene ribattuto colpo su colpo con alcune precisazioni che lo fanno sembrare un neofita. Allora passa ai sovietici, ma quando capisce da una battuta insinuante sul Polikarpov che si troverebbe di nuovo a mal partito, zittisce. Per riemergere all’improvviso dal suo silenzio: “Sei appassionato anche di armi?”

La fidanzata gli rifila l’ennesima gomitata nel fianco: “Ma lo vuoi lasciare in pace?!”

Ad Andrea piaceva prevalere, anche se solo a parole.

Di ritorno dalla tre giorni parigina l’aereo è costretto ad atterrare a Pisa causa nebbia. Sul pullman che vi porta a Bologna, mentre stai leggendo e gli altri sonnecchiano, Andrea viene a sedersi vicino a te. Anche se hai in mano Ultima fermata a Brooklyn, parlate un po’ di fantascienza e di Philip K. Dick, poi lo vedi con gli occhi acquosi e cogli la sua espressione sofferente. Lui si accorge che gli stai guardando dentro. Ingoia un Maalox. “Ho mal di stomaco.”

Poi sente di non averti detto tutto e di dovertelo spiegare. Tu sorridi e fai finta di non aver sentito il resto.

Andrea era sincero fino all’autolesionismo.

2 commenti:

  1. splendido questo ricordo. Ora leggo anche il precedente... :)

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  2. ciao,
    c'è possibilità di avere il tuo indirizzo email?

    davide

    davide.occhicone@lospaziobianco.it

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